Welfare
Liveas, lassistenza a regola darte rimane nel cassetto
fasce deboli. Buone intenzioni nelle norme, inadempienze nei fatti
di Redazione
F igli minori. Sette anni dopo la riforma della Costituzione, i diritti sociali sono ancora la cenerentola della famiglia dei diritti di cittadinanza. Chi sperava che l?introduzione del concetto di livelli essenziali dei diritti civili e sociali desse la spinta decisiva alla definizione di un nucleo minimo di servizi e di prestazioni assistenziali validi sull?intero territorio nazionale, è rimasto deluso. La revisione costituzionale del 2001 non è riuscita, infatti, a rimettere in moto il percorso avviato un anno prima con la legge 328 sul sistema integrato degli interventi e servizi sociali.
Figli minori ma, soprattutto, parenti poveri dei diritti sanitari. Mentre nella sanità, infatti, i paletti dei livelli essenziali sono stati fissati già nel 2001, la sorte delle prestazione assistenziali è ancora tutta da decidere. Se ne occuperà ora il prossimo governo. Sulla scrivania troverà lo stesso fascicolo che Prodi aveva ereditato da Berlusconi. La legislatura che si è conclusa, infatti, pur compiendo dei passi in avanti sul fronte dei servizi all?infanzia e della non autosufficienza, non ha licenziato l?atteso decreto sui Liveas, i livelli essenziali di assistenza sociale. Atteso perché dovrà porre rimedio al rischio che i diritti sociali dei minori, degli anziani e di chiunque è in stato di bisogno ricevano un?attuazione disomogenea sul territorio nazionale.
La riforma della Costituzione, questo il punto, assegna alle Regioni la competenza esclusiva sui servizi sociali: c?è il rischio che, in mancanza di un provvedimento che stabilisca delle garanzie valide dalla Valle d?Aosta alla Sicilia, il diritto all?assistenza e all?uguaglianza sostanziale vadano a farsi benedire. Specie nelle regioni più povere.
Il timore, nient?affatto remoto, è che si inneschi l?effetto slavina. Che il divario cioè si allarghi col tempo rendendo ancor più difficile il reperimento delle risorse necessarie per colmarlo.
Interrogativi irrisolti
Ma perché i Liveas sono ancora al palo? Colpa delle risorse insufficienti? Non solo. Sul cammino si sono frapposti non pochi ostacoli. Gli studiosi, innanzitutto, si sono interrogati sulla nozione di livelli assistenziali. Sono dei diritti soggettivi esigibili? Tutti i non autosufficienti, ad esempio, hanno diritto a determinate prestazioni? Oppure rappresentano un livello minimo di copertura: dunque deve essere garantita ovunque una percentuale di determinate prestazioni assistenziali? O ancora: i Liveas individuano delle tipologie di offerta e dunque deve esserci in ogni Comune almeno un servizio anziani, uno per minori ecc? Infine, sono degli standard minimi di qualità dei servizi sociali?
Il punto (al di là della quantità degli interventi da garantire) è che i livelli essenziali delle prestazioni sociali non sono facilmente identificabili come quelli della salute. Mentre, ad esempio, la definizione di «estrazione del dente» è universalmente accettata, quella di «prestazione utile a ridurre la povertà» varia a seconda dei luoghi e, soprattutto, del bisogno del beneficiario.
Lo scenario è reso più intricato dalla complessità giuridica dell?argomento. La Corte costituzionale nel 2002 ha stabilito infatti che i livelli essenziali sono una materia trasversale a tutte le altre materie: lo Stato pertanto può legiferare anche se la competenza esclusiva è regionale.
Non c?è da sorprendersi dunque se i Liveas siano rimasti finora congelati. L?unico testo organico in materia è del ministero del Welfare e risale a marzo 2004. Un altro documento del Welfare (non condiviso però dal ministero dell?Economia) è stato inoltre esaminato nel 2005 dal tavolo istituzionale della Conferenza unificata. Le Regioni, invece, hanno presentato un documento in Conferenza unificata a luglio 2003 e precisato la loro posizione in un testo approvato dalla commissione Politiche sociali a settembre 2006.
Il nodo nomenclatori
Tutt?altra musica, come ricordato, per la sanità. Il decreto sui livelli essenziali, pur tra le difficoltà di cassa, è stato aggiornato più volte dopo il 2001. Sul tavolo resta ancora, invece, la questione del Nomenclatore tariffario delle prestazioni protesiche. È fermo al 1999. La Conferenza Stato-Regioni lo ha approvato il 20 marzo scorso ma non ha ancora ottenuto il via libera del ministero dell?Economia. Un ritardo che preoccupa le organizzazioni del terzo settore. L?associazione Luca Coscioni e la Fish denunciano gli effetti paradossali del ritardo: costringe le persone con disabilità all?acquisto diretto degli ausili tecnologici e le aziende a offrire protesi datate.
IDENTIKIT
- Aism.
L?Associazione italiana sclerosi multipla rappresenta i 54mila italiani colpiti da questa malattia. Insieme alla Fism finanzia il 70% della ricerca scientifica italiana sul tema. n
- auser risors-anziani.
Nata nel 1989 per iniziativa della Cgil e del Sindacato dei pensionati Spi-Cgil, conta oggi 270mila iscritti e 40mila volontari.n federazione alzheimer italia. Nata nel 1993 con l?obiettivo di migliorare la qualità della vita dei malati e delle loro famiglie, riunisce oggi 47 associazioni locali e rappresenta in Italia l?Alzheimer?s Disease International.
- Uildm.
L?Unione italiana lotta alla distrofia muscolare è nata nel 1961. Nel 1990 fu tra i promotori di Telethon, che poi ha aperto i propri bandi di ricerca anche allo studio di altre malattie genetiche.
- Unasam.
Una storia cominciata nel 1967, diventa federazione di associazioni nel 1993, con il nome di Unione nazionale delle associazioni per la salute mentale.
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